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ZEMAN DAI E VAI

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CORSPORT (R. BOCCARDELLI) – Se nella prima di campionato contro il Catania si è vista una Roma un po’ in confusione, forse per l’esordio in un Olimpico ribollente di passione, forse per vecchie scorie mal metabolizzate della passata stagione, forse per l’ottimo approccio alla gara degli avversari, a San Siro invece (…) è apparsa già chiara a livello di gioco, la nuova impronta zemaniana.

Dunque non più l’orizzontale «dai e stai» di Luis Enrique, quella sorta di balletto statico in cui i giallorossi si passavano mille volte il pallone nella trequarti avversaria, senza mai trovare l’aggiramento o la giocata vincente; trovando anzi, più di una volta, il devastante contropiede avversario a palla persa, contropiede che in più di un’occasione si è trasformato in un gol subito. (…)

Non più quel gioco che poco era entrato nella testa di Totti e compagni, bensì il gioco verticale targato Zeman che, con i dovuti aggiornamenti degli anni Duemila, altro non è che il «dai e vai» che mille e più allenatori negli anni Settanta urlavano dalla panchina ai loro giocatori anche nelle serie inferiori. Perchè anche in quel calcio, più statico, meno tattico e meno atletico, dare e andare era comunque un buon metodo per creare l’occasione vincente, la palla gol.

Un esempio per tutti? Aldo Maldera dà a Gianni Rivera e va verso la porta avversaria. Rivera restituisce con uno dei suoi indimenticabili assist verticali, gol del compianto terzino sinistro rossonero e poi anche giallorosso, capace di vincere uno scudetto con entrambe le maglie principali della sua carriera. Un po’ come è successo domenica scorsa a San Siro. (…) Dai e vai. In gol.

CORSPORT (R. BOCCARDELLI) – Se nella prima di campionato contro il Catania si è vista una Roma un po’ in confusione, forse per l’esordio in un Olimpico ribollente di passione, forse per vecchie scorie mal metabolizzate della passata stagione, forse per l’ottimo approccio alla gara degli avversari, a San Siro invece (…) è apparsa già chiara a livello di gioco, la nuova impronta zemaniana.
Dunque non più l’orizzontale «dai e stai» di Luis Enrique, quella sorta di balletto statico in cui i giallorossi si passavano mille volte il pallone nella trequarti avversaria, senza mai trovare l’aggiramento o la giocata vincente; trovando anzi, più di una volta, il devastante contropiede avversario a palla persa, contropiede che in più di un’occasione si è trasformato in un gol subito. (…)
Non più quel gioco che poco era entrato nella testa di Totti e compagni, bensì il gioco verticale targato Zeman che, con i dovuti aggiornamenti degli anni Duemila, altro non è che il «dai e vai» che mille e più allenatori negli anni Settanta urlavano dalla panchina ai loro giocatori anche nelle serie inferiori. Perchè anche in quel calcio, più statico, meno tattico e meno atletico, dare e andare era comunque un buon metodo per creare l’occasione vincente, la palla gol.
Un esempio per tutti? Aldo Maldera dà a Gianni Rivera e va verso la porta avversaria. Rivera restituisce con uno dei suoi indimenticabili assist verticali, gol del compianto terzino sinistro rossonero e poi anche giallorosso, capace di vincere uno scudetto con entrambe le maglie principali della sua carriera. Un po’ come è successo domenica scorsa a San Siro. (…) Dai e vai. In gol.

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